Non nascondo la mia emozione nel porgere, a nome del Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Palermo e dell’Avvocatura tutta, il saluto e l’augurio per il nuovo anno giudiziario al Presidente della Corte dei Conti, alla Presidente della Sezione Giurisdizionale, al Collegio, al Procuratore Regionale, al Presidente della Sezione di Controllo, alle Magistrature presenti, alle Autorità tutte, all’Avvocatura dello Stato, alle colleghe e colleghi nonché all’intero personale amministrativo della Corte dei conti.

Il “libero foro” ha accolto con rinnovato interesse l’invito della Presidente Carra a condividere riflessioni e considerazioni in questo contesto, quale miglior riprova del riconoscimento del contributo fornito dall’Avvocatura.

La attuale peculiare congiuntura, caratterizzata anche dalle sfide del PNRR in un contesto economico-finanziario aggravato dalle crisi internazionali ha evidenziato ancora una volta la centralità del ruolo assegnato dalla stessa Costituzione alla Corte dei Conti a difesa della legalità finanziaria quale presidio del buon andamento dell’azione amministrativa e di tutela degli equilibri di finanza pubblica.

Snodo fondamentale per la stessa tutela dei diritti dei cittadini nonché per la credibilità ed efficienza della Pubblica Amministrazione, messe a dura prova da farraginosità spesso di carattere normativo nonché da fenomeni di malaffare.

Non può tacersi, infatti, come permanga un quadro preoccupante sul versante della corruzione che costa all’economia dei paesi europei oltre 900 miliardi di euro l’anno e a quella italiana almeno 237 miliardi, pari a circa il 13 per cento del Pil (ricerche del centro Rand), con indici di Percezione della Corruzione (CPI) di Transparency International, che pur registrando dal 2012 un netto miglioramento di 14 posizioni, colloca ancora l’Italia al 42 posto su 180 paesi con un indice di 56 su 100.

Ed in questo quadro la Sicilia mantiene il triste primato tra le regioni italiane.

Una così significativa rappresentazione della sfiducia dei cittadini nella efficienza, trasparenza e correttezza dell’agere amministrativo, deve in questa sede essere oggetto di una approfondita e “generativa” riflessione, atteso che il radicamento del fenomeno corruttivo incide negativamente sul reddito medio pro capite, inibisce l’afflusso di capitali e contrae l’occupazione spingendo le imprese a mantenere una dimensione ridotta.

La indefettibile funzione di controllo e giurisdizionale rimessa a Codesta Corte costituisce dunque un sicuro argine per tentare di non vanificare l’effetto delle risorse del PNRR, oggi, ma più in generale per assicurare che la Pubblica amministrazione operi quale propulsore e garante dell’intera economia della nazione.

Incertezze burocratiche e corruzione, al di là della stima precisa dei danni, rappresentano da sempre un ostacolo per l’intero sistema-paese e da più parti si continua ad invocare la semplificazione e la chiarezza del dato normativo quale migliore viatico per superare queste criticità.

Anche Codesta Corte, in più occasioni come nella relazione sullo schema del nuovo Codice dei Contratti, ha avuto modo di segnalare quali snodi fondamentali per contrastare, in via preventiva e sul piano normativo, l’inefficienza e la permeabilità della amministrazione e dunque per restituirle credibilità: la semplificazione e la responsabilità.

Solo a fronte di una norma chiara e di agevole applicazione, con l’individuazione di un sicuro riparto di compiti si può, invero, restituire il corretto significato all’insegnamento della stessa Cassazione secondo cui: “nel sistema costituzionale non vi è potere senza responsabilità” dove la responsabilità, come da ultimo ricordato anche dal Presidente Carlino, deve intendersi quale stimolo e non disincentivo.

Ma accanto a strumenti normativi, semplici, immediati, non meno importante appare la necessità di tipizzare l’illecito contabile, specie a fronte dell’espansione dell’ambito della giurisdizione contabile anche alle condotte illecite dei privati percettori o gestori di finanze pubbliche.

Se la limitazione alla colpa grave e al dolo, nell’ultimo intervento legislativo ricostruito in chiave penalistica come volontà dell’evento dannoso, rappresenta una delle coordinate della responsabilità erariale, al di là delle ulteriori specifiche previsioni temporalmente definite di esclusione della colpa grave sanzionabile nelle sole ipotesi omissive, ancora restano ampi margini di incertezza e di freno al sereno dispiegarsi dell’azione amministrativa.

In proposito, per quanto parte di un sicuro sforzo di perimetrazione, desta qualche perplessità, per esempio, il testo dell’art. 2 del nuovo Codice dei Contratti laddove al principio della “fiducia” parrebbe fare da contraltare la previsione che “costituisce colpa grave” “la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l’omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell’attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell’agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto. Non costituisce colpa grave la violazione o l’omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti.”

Parrebbe invero, nonostante il richiamo alle specifiche competenze dell’agente e alla necessità di operarne una valutazione in relazione al caso concreto, evocarsi una sorta di “automatismo” alla identificazione della colpa grave per “qualsiasi” violazione, riecheggiando quasi una sorta di responsabilità “formale”, esclusivamente legata alla posizione del presunto responsabile, non in piena coerenza col principio della personalità della responsabilità amministrativa e con l’obbligo, che incombe sulla Procura contabile, della dimostrazione della sussistenza dell’elemento psicologico.

E ciò a fronte di un testo normativo che, come riconosciuto anche da Codesta Corte dei Conti, pur rappresentando un sicuro miglioramento in termini di semplificazione, presenta ancora una complessità ben lungi dal costituirne compiuto approdo!

Ancora una volta, dunque, appare indispensabile individuare coordinate precise dell’illecito amministrativo contabile e delle sue connotazioni quale sanzione o responsabilità di tipo risarcitorio, allo stato non risolte neanche dal tentativo di farne una sorta di “terzo genere” caratterizzato dalla combinazione di personalità e patrimonialità e permeato da profili penalistici e civilistici, ove le peculiarità di tale tipologia di illecito troverebbero fondamento nella finalità di tutela del buon andamento della P.A. attraverso uno strumento risarcitorio con il concorrente e addirittura prevalente obiettivo di prevenire condotte illecite, in un’ottica generalpreventiva.

L’indubbio presidio rappresentato dalla Corte dei Conti deve fungere, proprio da stimolo e guida, circoscrivendo gli interventi repressivi quale ultima ratio e per le sole ipotesi realmente patologiche, senza ostacolare la tempestività dei procedimenti ma concorrendo ad assicurarne la legittimità.

Terreno, allora di sereno ed equilibrato confronto deve rimanere il momento squisitamente processuale, assicurando l’effettivo equilibrio tra le parti nel rispetto dell’etica pubblica e delle prerogative della difesa del privato con la sobrietà, ragionevolezza e radicato senso delle istituzioni, ricordate anche dal Presidente Carlino, quale cifra in cui si iscrivono le delicate funzioni magistratuali.

In tal senso, potrebbe essere previsto, nella fase istruttoria preprocessuale, il mantenimento della visibilità del fascicolo al difensore dell’invitato, una volta ammesso, fino alla conclusione della predetta fase che, ovviamente, non coincide con lo spirare del termine per la presentazione delle deduzioni ma con la decisione di archiviare o portare in giudizio il relativo procedimento.

E ciò al fine di consentire all’avvocato il miglior espletamento del proprio mandato difensivo, ferma restando in ogni caso la previsione di cui all’art. 67 comma 7 cgc e quindi la necessità della comunicazione dei nuovi elementi istruttori ai soggetti invitati, auspicabilmente da trasformare in un obbligo per la Procura con eventuali decadenze per il caso di violazione.

Sia consentita, inoltre, una notazione. La specificità di Codesta Corte richiede per un effettivo e comparabile apporto da parte degli avvocati difensori un elevato impegno professionale e difensivo che oggi non trova adeguato ristoro nei parametri forensi non essendo prevista, per i giudizi innanzi la Corte dei Conti, una differenziazione tra il giudizio di primo grado e il giudizio di appello. Peraltro, non vi è alcuna previsione che riguardi la fase precontenziosa del giudizio contabile, nonostante tale fase spesso assuma particolare rilevanza e possa condurre ad una archiviazione, rendendo evidente la necessità dell’urgente inserimento di una specifica previsione, in sintonia con quanto previsto in materia penale.

La digitalizzazione del processo e della fase preprocessuale contabile rappresenta l’esempio più riuscito nel confronto con le altre piattaforme di uso “processuale”. Alcuni aspetti necessitano tuttavia di qualche accorgimento migliorativo. Per esempio la consultazione del fascicolo che dovrebbe consentire di riprenderne la disamina dall’ultimo documento esaminato e non invece costringere a ricominciare ogni volta dall’inizio, ovvero la implementazione della tipologia dei formati dei documenti “caricabili” con il sistema DeAD ma si tratta davvero di aggiustamenti di “contorno” a fronte di uno strumento di sicura efficacia e reale semplificazione, anche per la peculiare professionalità e garbata collaborazione sempre assicurata dal personale amministrativo, in ogni circostanza.

Nell’esprimere il rinnovato apprezzamento per il continuo e ineliminabile confronto con la magistratura contabile, rinnovo l’augurio dell’Avvocatura per un proficuo e fattivo inizio del nuovo anno giudiziario.